Una scelta, una decisione importante, maturata in modo profondo e la vita cambia per sempre, anche se la maglia azzurra è la maglia azzurra. L’incredibile storia di Don Graziano da Gravina di Puglia stupisce l’Italia.
Oggi lo conoscono tutti come Don Graziano, ma lui cosa ha a che fare con la maglia azzurra? Don Graziano ha coronato il suo sogno, quello vero, quello che gli faceva battere il cuore al solo pensiero di realizzarlo, quello che all’inizio da adolescente, era fin troppo nascosto e che poi è maturato, è cresciuto, fino a che era impossibile per lui non ascoltare “quella voce”.
Dopo un decennio lontano da casa, oggi, Don Graziano è tornato nella sua Gravina di Puglia, città che gli ha dato i natali, abbracciando il sacerdozio e indossando la tonaca da circa un decennio. Tutto è accaduto, ma sembra ieri, nel 2013.
Il suo nome sembra non dire molto, o quasi nulla: e allora perché parliamo di lui? Siamo di fronte, insomma, apparentemente, ad un giovanissimo sacerdote che oggi, dopo la lunga trafila come frate francescano nei conventi di tutta Italia “per forgiare” la sua vocazione, ha scelto di “sposare il Signore” per la vita.
Eppure dietro il Don Graziano di oggi c’è “un personaggio” che gli addetti ai lavori del mondo del calcio e i cronisti attenti non possono aver dimenticato: Don Graziano non è altri che Graziano Lo Russo, fantasista delle giovanili del Bologna di Ballardini, titolarissimo nei Giovanissimi del 1988 che vinsero il titolo nazionale, addirittura due panchine nella massima serie, seppur senza mai esordire, con il compianto Gigi Radice e con il “Professore Franco Scoglio”. Era il Bologna dei talenti Traversa, Anaclerio e dello sfortunato e compianto Giuseppe Campione.
Oggi Don Graziano, ieri l’astro nascente del Bologna Graziano Lo Russo: dalla maglia azzurra al saio, dal saio alla tonaca
Non è finita certo qui, perché Graziano Lo Russo disputò, da titolare, anche un mondiale under 17 con la magli azzurra, indovinate al fianco di chi? Il suo partner di centrocampo era un certo Alessandro Del Piero, a volerlo era il mago dei giovani, tal Sergio Vatta. Il Bologna lo manda a farsi le ossa, ma crede fermamente in questo ragazzo: siamo nel 1991: addirittura 5 presenze nel Bologna di Gazzoni, che intanto era finito in terza serie, poi Rimini, poi Iperzola, e infine Baracca Lugo.
Qualcosa però scatta nel cuore e nella mente di Graziano Lo Russo, qualcosa che lo convince a lasciare per sempre il mondo del calcio per indossare il saio di frate francescano, per “spogliarsi” delle scarpette da calcio, delle magliette e dei calzoncini, per rinunciare seduta stante a ritiri, allenamenti e partite.
I suoi ricordi del “pianeta pallone” non sono affatto sbiaditi, anche se adesso calcia in oratorio con i ragazzini e non ama molto ricordare o pensare che, oggi, senza “la chiamata”, avrebbe intrapreso e, chi può saperlo, anche concluso, una discreta carriera di giocatore. Chiude gli occhi Don Graziano, che dal saio è passato alla tonaca: sa bene che se fosse davvero iniziata, la sua carriera, oggi, a 49 anni, sarebbe anche bella che conclusa. Magari farebbe l’allenatore, come il suo maestro Ballardini, magari avrebbe intrapreso la strada di direttore sportivo. Con i se e con i ma, nella vita, però, non si va da nessuna parte.
Se come nel celebre film con Gwyneth Paltrow, Sliding Doors, si racconta che la vita cambia totalmente direzione per una scelta, un gesto, una azione, Don Graziano non ha rimpianti. E’ convinto di avere preso la decisione giusta, anche se, mentre si prepara per la messa domenicale, qualche volta gli capita di chiudere gli occhi e di immaginarsi al cospetto del pubblico del Dall’Ara, che chiama il suo nome, che lo incita a non mollare.