Il ritiro di Roger Federer ha lasciato senza parole tantissimi fan in tutto il mondo: il fuoriclasse elvetico ha scelto di appendere la racchetta al chiodo all’età di 41 anni. Ecco perché non lo dimenticheremo mai.
Un predestinato. Così lo ‘scriba’ Gianni Clerici, uno che di tennis se ne intendeva, aveva descritto Roger Federer fin da ragazzo. Un giovane virgulto svizzero destinato a diventare un campione, il simbolo di un’intera nazione, l’emblema più brillante di un nobile movimento sportivo. Con i suoi pregi e i suoi pochi, pochissimi difetti. Un campione di cui tutti d’ora in avanti sentiremo la mancanza, specialmente dopo l’annuncio clamoroso arrivato in queste ore.
Predestinato, ovvero destinato a grandi imprese ben prima di compierle. Un aggettivo che calza a pennello a chi, come Federer, è nato con un dono. Se McEnroe potrebbe essere definito il Maradona della racchetta, il classico genio abbinato alla sregolatezza (ma con valori morali meno importanti forse di Diego), Roger potrebbe essere paragonato a Messi. Un fuoriclasse assoluto che è stato baciato dal cielo, talentuoso, efficace ma anche estremamente bello da vedere nelle sue movenze.
Se tutti, o quasi, lo hanno amato, perfino i suoi più grandi rivali, persino la sua nemesi, Rafa Nadal, un motivo c’è. Roger è Roger, lo è sempre stato e sempre lo sarà. Il titolo di Goat lo si può lasciare a chi crede nelle statistiche, nei numeri e nella competizione perenne. Quel che ci ha insegnato Federer è che lo sport è molto altro. E lo ha ribadito ancora una volta anche con la sua incredibile scelta.
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Più di una leggenda: ecco perché Roger è stato unico
Con una lettera pubblicata sui social, il 15 settembre Roger Federer ha annunciato, all’età di 41 anni, il suo addio al tennis agonistico. E lo ha fatto con la consueta eleganza, e con la consapevolezza di chi, andando avanti per questioni di sponsor e denaro, avrebbe solo gettato parte della sua grandezza sportiva e morale.
Sarebbe facile parlare dei 20 Slam, dei 103 titoli vinti, delle strisce interminabili al numero 1 in classifica. La carriera di Roger è impressa nei numeri e si affiancherà a quelle di Rafa, Djokovic, Sampras, McEnroe, Borg, Laver e degli altri più grandi di sempre. Ma quello che tutti ricorderanno non saranno solo i suoi successi, bensì qualcosa di diverso, quello che sempre bisognerebbe cercare nello sport in ogni altra passione che si coltiva nella vita: l’emozione. Perché Roger, con le sue lacrime e i suoi sorrisi, i suoi gesti sempre composti, le sue interviste così umili nella sua grandezza, ci ha regalato un’era carica di palpitazioni del cuore, sospiri, sofferenze e gioie immense. Ed è per questo che non potremo mai smettere di ringraziarlo:
Cosa sarà del tennis quando i Fab Four avranno lasciato? A lungo ce lo siamo chiesto. Quando poi i Fab Four sono diventati Three, con la caduta di Murray, abbiamo iniziato a tremare. Ora, senza Federer, che dei quattro è stato sempre il più amato, lo abbiamo compreso: un’epoca d’oro del tennis è finita, anche se Rafa e Nole giocheranno ancora per un po’. Ce ne siamo accorti in un giorno di fine estate, ma forse nel nostro cuore lo sapevamo da qualche tempo. Ora è il momento di guardare al futuro, consapevoli che un altro Roger forse non lo vedremo più. Ed è anche per questo che continueremo ad amarlo per sempre.