Stefan Strandberg sta dimostrando al calcio italiano di essere un calciatore utile e importante. Con la Salernitana sogna praticamente un’impresa sportiva, dovrà dimostrare il suo valore una volta recuperato dall’infortunio.
La Serie A ormai arrivata al punto massimo di integrazione tra calciatori, ha spesso tante storie da offrire. Soprattutto quando i calciatori provengono dal nord Europa, dove si trovano sportivi con gran senso del dovere e professionisti da lodare.
La capacità di Stefan Strandberg di essere fondamentale è una delle chiavi della stagione della Salernitana, tornata in Serie A dopo vent’anni, che risente decisamente della mancanza del suo centrale.
Il difensore è arrivato in Campania senza troppi clamori, ma ha saputo ritagliarsi uno spazio importante in una squadra costretta a dover lottare contro tutti gli avversari.
Il centrale di difesa norvegese è un elemento che aveva assaporato il calcio italiano già a Trapani, quando era stato chiamato da svincolato. In Serie B si era impegnato bene, aveva già capito quali erano i dettami del pallone nostrano e con una guida d’eccezione: quel Stefano Castori che, a distanza di mesi, ha capito come poteva essere un elemento utile anche in Serie A.
In effetti, la scelta di Strandberg di arrivare a Salerno ha una sua matrice ben precisa nel conoscere e apprezzare il tecnico della promozione campana.
Il centrale della Salernitana in questa stagione ha spesso giocato da titolare sia con Fabrizio Castori che con Stefano Colantuono. Proprio per la sua capacità tattica, è un elemento da collocare un po’ dovunque nell’assetto difensivo, sia giocando a quattro uomini dietro nonché con l’impostazione a tre tanto cara al tecnico precedente.
Quella di Stefan Strandberg comunque è una storia calcistica e umana tutta particolare. Non è stato un giocatore integro dal punto di vista fisico, ne subì praticamente di tutti i colori. In particolar modo non è stato fortunatissimo con i talloni d’Achille, riuscì ad avere la rottura sia del destro e sia del sinistro, andando per sei volte in sala operatoria.
Qualcosa che poteva già mettere a repentaglio la carriera del difensore, che con gran pazienza è riuscito a recuperare la forma ogni volta. Questo anche alla sua famiglia, che lo ha appoggiato e all’affetto verso i suoi fratelli. Il destino, però, anche nella vita è stato crudele, levandogli l’affetto di Kenny, morto a causa di un brutto male nel gennaio del 2018.
Da quel momento, nonostante un dolore umano senza pari, il difensore gioca praticamente anche per lui, onorandone la sua memoria negli allenamenti e in campo.
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Il centrale difensivo così vuole sempre più impegnarsi e dare soddisfazioni a chi lo segue dall’alto, la salvezza eventuale della Salernitana sarebbe già una grande conquista da dedicargli.
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