La Juventus è sempre più in crisi e l’ormai quasi certa eliminazione dalla Champions, ha fatto aprire scenari, fino a qualche settimana fa, decisamente inimmaginabili. La batosta arrivata sul campo dl Maccabi Haifa ha aperto una frattura insanabile tra Allegri e i tifosi, ma la colpa è veramente solo di Max?
La Juventus è ormai una squadra alla deriva, da tutti i punti di vista, da quello meramente tattico e tecnico a quello societario. Il tonfo di Haifa per gli adetti ai lavori più che l’ennesimo ko di quest’anno, è la conferma che il progetto di Allegri è ormai un triste ricordo. I tifosi sono giustamente imbufaliti con la guida tecnica, mentre al contempo la dirigenza non sembra avere problemi a proseguire con il tecnico.
Lo stesso presidente Andrea Agnelli in una intervista ha confermato che la Juventus continuerà a essere allenata dall’allenatore toscano. Queste parole hanno sollevato un grande polverone mediatico, che non fa altro che appesantire il clima che si respira alla Continassa.
Juventus: i motivi di una crisi così profonda
Allegri è tornato a Torino con lo scopo di riportare i bianconeri a lottare per la Serie A dopo che sia Inter che Milan sono riusciti a trionfare. I tifosi erano eccitati al ritorno dell’allenatore che aveva vinto cinque titoli di fila e per questo riponevano in lui tanta fiducia. Se la scorsa stagione, conclusasi con un quarto posto, poteva essere definitiva quantomeno buona, quest’anno invece emergono problemi che sono il sintomo di una crisi profonda.
Quali sono i motivi di questo crollo così evidente? Ebbene, potrebbe sembrare scontato, ma la vera causa di questo periodo negativo è il recente mercato, contraddistinto sì da colpi importanti, ma che alla fin fine non ha cambiato il volto della squadra. Pogba non è mai sceso in campo, Di Maria si è infortunato in Champions League, mentre Paredes ha mostrato poco del suo grande repertorio. L’unica eccezione è Milik che è andato a segno in campionato diverse volte.
Un altro motivo della debacle juventina è la testardaggine dell’allenatore di perseverare sempre con la stessa formazione e gli stessi undici in campo. Tutto ciò non rende solo imprevedibile la squadra, ma impedisce un’organizzazione tattica degna di nota.